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Mangia…Ridi…VIVI

 Il loro desiderio di rimanere magri prevale sulle preoccupazioni per la loro salute e spesso non vogliono essere curati. Solitamente nel momento in cui l’anoressia nervosa è all’esordio ed il soggetto raggiunge gli obbiettivi prefissati, le sensazioni di euforia forza ed efficacia sono intense ed associate ad una profonda idea di controllo che si estende a diversi aspetti della propria vita. Il porsi degli obbiettivi perseguendo standard molto elevati sembra rappresentare un processo cognitivo primario nel disturbo; viene costantemente limitato l’errore e viene vissuto un illusorio senso di organizzazione e ordine che sono necessari a gestire un dolore più intenso fortemente legato ad una bassa autostima nucleare. L’ossessione per il cibo viene correlata con una particolare sensibilità verso le emozioni negative: senso di colpa e tristezza sono emozioni che spesso vengono sperimentate e che paradossalmente, con la perdita di peso, emergono prepotenti comportando anche un profondo ritiro sociale connesso con le difficoltà legate alla sfera alimentare secondo cui i momenti di condivisione divengono profondamente disturbanti ed aumentano l’interesse e la dedizione per lo studio e per l’attività fisica.

La costante dedizione all’aspetto estetico induce gli individui a ridurre l’esplorazione dei doveri e degli interessi, focalizzando l’attenzione sul proprio ed altrui corpo. Per questa ragione diminuisce quantità, dell’interesse e del rendimento nei compiti lavorativi/scolastici e nelle passioni, ma anche presenza massiccia di critiche, invidie e rivalità, atteggiamenti competitivi, che si sostituiscono all’accettazione delle differenze questo esaspera la sorveglianza maniacale sul corpo comportando elevati livelli invidia,  ostilità e sentimenti di inferiorità, rispetto ai soggetti non oggettivati che invece avvertono tali emozioni con un’estensione, frequenza ed un’intensità minore .

La ricerca suggerisce anche che la funzione dopaminergica compromessa può contribuire ai sintomi correlati all'AN. Ad esempio, è stato riscontrato che avversione al cibo, perdita di peso, iperattività, disfunzione mestruale, cognizioni dell'immagine corporea distorta e comportamenti ossessivi compulsivi sono correlati all'aumento dell'attività dopaminergica. Inoltre, i metaboliti dopaminergici ridotti nel liquido cerebrospinale si verificano negli individui malnutriti con AN e tendono a persistere dopo il recupero. Pertanto, la disfunzione della dopamina potrebbe essere implicata nella ricompensa e nei percorsi affettivi, nel processo decisionale, nell'attività motoria stereotipata e nella diminuzione dell'ingestione di cibo nell'AN.

Il terapeuta è in grado di operare un cambiamento in quanto la comunicazione indiretta generata dal linguaggio metaforico gli permette di fornire al paziente una motivazione. Per raggiungere questo obiettivo il terapeuta inizia col ricalcare il cliente, usare il suo linguaggio per giungere nel suo modello del mondo e, delicatamente e creativamente, riorganizzarlo.

Lo psicoterapeuta aiuta il paziente a immaginare una nuova realtà. La psicoterapia deve aiutarci a ragionare contro-induttivamente per vedere i fatti del passato in un nuovo modo.

La cura psicologica esige un dialogo e perché sia efficace dev’essere ricco di sentimenti. E ciò avviene nel momento in cui i due dialoganti - psicoterapeuta e paziente - iniziano ad interagire come se fossero due ballerini. Conversando insieme, insieme si va in una direzione che ha a che fare con la necessità. La conversazione psicologica veicola emozioni evocate da una conversazione per la quale si presentano meno minacciose di quelle reali. Grazie all’ascolto possono essere più facilmente metabolizzate. La parola del terapeuta induce nel paziente l’emersione di una realtà visionaria e metaforica che traduce il sottosuolo dell’anima, fatto di desideri inesprimibili.

 

 

Sassaroli, S., Ruggiero, G. M. (2005), The role of stress in the association between low self-esteem, perfectionism, and worry, and eating disorders, in “International Journal of Eating Disorders”, 37, pp. 135-141.

Dalle Grave, R. (2001), Fattori cognitivo comportamentali nel mantenimento dei disturbi del comportamento alimentare, in Brunetta M., Froldi M. (a cura di), I meccanismi del mantenimento del sintomo nei disturbi del comportamento alimentare: Anoressia nervosa e bulimia nervosa, Pitagora Press, Milano, pp. 93-118.