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Alfred Adler e la religione Bahá'í

 

“Sii generoso nella prosperità e grato nell’avversità. Sii degno della fiducia del tuo vicino e trattalo con viso sorridente e sii un tesoriere per il povero, un ammonitore per il ricco, l’esauditore del pianto del bisognoso, un conservatore della santità della tua promessa. Sii equo nel giudicare e cauto nel parlare. Non essere ingiusto con nessuno e sii mansueto con tutti gli uomini. Sii una fiaccola per coloro che camminano nelle tenebre,[…] Sii ornamento per il volto della verità, corona per la fronte della fedeltà, colonna del tempio della rettitudine, alito di vita per il corpo dell’umanità, vessillo per le schiere della giustizia, astro sull’orizzonte della virtù, rugiada per il terreno del cuore umano, arca sull’oceano del sapere, sole nel cielo della munificenza, gemma sul diadema della saggezza, luce risplendente nel firmamento della tua generazione, frutto sull’albero dell’umiltà.”  Bahá’u’lláh

 

Appena due anni prima di morire (1890), Bahá'u'lláh (il Fondatore della fede bahaì) ricevette a Bahjí uno dei pochi occidentali che Lo incontrarono e l'unico che abbia lasciato un resoconto scritto di quell'esperienza. Il visitatore era Edward Granville Browne, giovane orientalista emergente dell'Università di Cambridge, la cui attenzione era stata originariamente attratta dalla drammatica storia del Báb e della Sua eroica schiera di seguaci. Del Suo incontro con Bahá'u'lláh, Browne scrisse: sebbene sospettassi vagamente dove mi recassi chi avrei visto (poiché non mi era stata data alcuna idea precisa) trascorsero un secondo o due prima che, con un palpito di meraviglia e di rapimento, mi rendessi definitivamente conto che la stanza non era disabitata. Nell'angolo dove il divano incontrava il muro sedeva una Figura meravigliosa e venerabile... Non potrò mai dimenticare il viso di colui che ammiravo, sebbene io sia ora incapace di descriverlo. Quegli occhi penetranti sembravano leggere l'anima; la fronte assai spaziosa denotava possanza e autorità... Non v'era certo bisogno di chiedere alla presenza di chi mi trovassi, mentre mi inchinavo dinanzi a colui che è oggetto di devozione e d'amore tale che i re possono invidiare e gli imperatori sospirare invano! Una voce gentile e dignitosa m'invitò a sedere e quindi proseguì: "Sia lodato Iddio che tu giungesti!... Sei venuto a vedere un prigioniero e un esiliato... Noi desideriamo soltanto il bene del mondo e la felicità delle nazioni; eppure, ci considerano fomentatori di discordie e sedizioni, punibili con la cattività e l'esilio... Tutte le nazioni abbraccino la medesima fede e tutti gli uomini divengano fratelli; i legami d'affetto e di unione fra la progenie umana si rafforzino; le diversità di religione cessino e l'antagonismo di razza svanisca... che male v'è in ciò?... Eppure, tutto ciò avverrà; le lotte infruttuose, le guerre rovinose svaniranno e si avrà l'avvento della "Più Grande Pace".

L'importanza suprema del contributo del dr Alfred Adler alla psicologia moderna è dovuta al modo in cui rivela come tutte le attività dell'anima siano riunite al servizio dell'individuo e come tutte le sue facoltà e i suoi sforzi siano legati a un unico fine. Non c'è mai stato prima d'ora un metodo così rigoroso e allo stesso tempo adattabile per seguire le fluttuazioni di quella che è la più fluida, variabile e sfuggente di tutte le realtà, l'anima umana individuale". Proprio perché tutte le religioni e la Rivelazione bahá’í in particolare, hanno qualcosa di vitale da dire sul tema di questa stessa anima inafferrabile, ho scelto di considerare questo metodo adattabile del dottor Adler come il più vicino agli insegnamenti bahá’í. Per i seguaci della Fede Bahaì è sempre gratificante constatare come uomini così grandi e progressisti riflettano inconsciamente lo Spirito di quest'epoca. Il dottor Adler tocca problemi profondi e di vasta portata, applicando i suoi principi a molte sfere della vita e all'arte della guarigione, problemi che noi bahaì crediamo possano essere risolti dal "rimedio sovrano" portato da Bahá’u’lláh, il Medico Divino, per la guarigione delle nazioni. Mi sembra quindi particolarmente appropriato, in ossequio a uno dei Suoi insegnamenti fondamentali - ovvero che la religione deve conformarsi alla scienza e alla ragione - che ci affrettiamo a unire i nostri sforzi con quegli scienziati altruisti i cui servizi sono dedicati al miglioramento dell'enorme fardello di miseria mentale che affligge l'umanità di oggi [28].

Il centro del pensiero adleriano è che gli individui sono esseri sociali. Centinaia, se non migliaia di persone contribuiscono, seppur inconsciamente, allo sviluppo e alla crescita di ogni singolo individuo. Gli individui non sono nulla al di fuori dei rapporti sociali. Per questo motivo uno dei concetti chiave della psicologia individuale è l’interesse sociale, noto anche come coscienza o senso sociale. Esso si riferisce al nostro pronunciato senso di appartenenza a un gruppo o a una comunità, al nostro sentimento di essere intimamente legati al resto dell’umanità, che dobbiamo tradurre in azioni, se vogliamo dare il nostro pieno contributo alla società. Il livello di interesse sociale di ogni singolo individuo detta la sua abilità a svolgere efficacemente la sua funzione. Accanto all’interesse sociale, un altro principio fondamentale della psicologia individuale adleriana è l’uguaglianza sociale degli individui che compongono la comunità umana. Le differenze di razza, sesso, età, istruzione, ceto sociale, abilità o altre caratteristiche sono suddivisioni artificiali; tutti gli individui hanno uguale valore. Per quanto la comunità svolga un ruolo importante nello sviluppo individuale, la psicologia adleriana considera ogni singolo individuo unico e capace di offrire alla società il suo speciale apporto. Adler paragona gli esseri umani alle foglie: così come non è possibile trovare su un albero due foglie identiche, è altrettanto impossibile trovare due uomini che siano perfettamente uguali. Ciascuno di noi ha il proprio stile di vita personale, un modello che si è dato, che guida il suo comportamento. Poiché costruiamo questo stile di vita fin dai bambini, la chiave per capire i nostri comportamenti consiste nell’esaminare le impressioni provate in quel periodo della vita. Di conseguenza, le memorie dell’infanzia, l’educazione e il ruolo svolto da un individuo nella famiglia, specialmente il fatto di essere il primo, secondo, terzo o ultimo figlio, sono di massima importanza nella costruzione della psicologia individuale. Anche se il passato è importante perché imposta lo stile di vita di un individuo, la psicologia individuale si occupa principalmente del presente e del futuro; in fin dei conti il passato non può essere cambiato. Un altro concetto chiave è quello che siamo esseri che perseguono un fine: tutto il nostro comportamento è motivato da fini che ci siamo prefissati, il più delle volte inconsapevolmente. I nostri obiettivi a lungo termine sono direttamente correlati al nostro stile di vita e riflettono la nostra percezione di quello che riteniamo il meglio per noi. Così, esplorando il nostro comportamento, i nostri pensieri, sentimenti e azioni, possiamo identificare i fini che li hanno indotti a cominciare a capire le ragioni del nostro agire. La psicologia adleriana sostiene anche che, oltre a perseguire un fine, disponiamo della libertà di prendere decisioni e di essere responsabili di quasi tutto quello che facciamo. Una volta compresa la motivazione che ci spinge a un dato comportamento, possiamo usare liberamente la nostra creatività e la nostra abilità di agire consapevolmente, di definire i nostri obiettivi e comportamenti, e di decidere se è il caso di cambiarli. Risulta quindi evidente quanto siano importanti per la psicologia adleriana pensieri e azioni consapevoli e inconsapevoli. Diversamente da altre scuole di psicologia, Adler non credeva che coscienza e inconscio fossero sempre termini opposti, ma che operassero invece spesso congiunti verso un unico obiettivo. Esaminare i ricordi dell’infanzia, per esempio, consente di esplorare il nostro essere cosciente. I sogni invece sono la chiave dell’inconscio. Anch’essi sono dominati da obiettivi e possono essere quello che Adler definisce” prove emotive” di progetti e atteggiamenti del nostro comportamento da svegli. Esaminarli può aiutarci a capire noi stessi. Intimamente correlato all’esistenza di scopi e obiettivi è inoltre il concetto adleriano di inferiorità. Trae origine nell’infanzia; periodo nel quale tutti siamo deboli e piccoli in un mondo di adulti ed è così che fin dall’inizio ci sforziamo di migliorarci. Attraverso l’amore, il coraggio e l’incoraggiamento, molti di noi reagiscono positivamente a questa inferiorità e traggono il meglio dalle loro capacità in quella che Adler chiama “la parte utile della vita”. Alcuni individui dubitano del loro valore umano anche da adulti, hanno la sensazione di essere meno brave degli altri sotto alcuni aspetti, o persino tutti. Questo senso di inferiorità è abbastanza normale, purché non diventi esagerato. Siccome gli uomini sono però essere sociali e non desiderano che altri condividano la scarsa considerazione che possono nutrire di sé, cercano di nasconderlo tentando di raggiungere una qualche forma di superiorità. In effetti, l’aspirazione alla superiorità determina spesso i nostri obiettivi. Cerchiamo di spostarci da quello che Adler chiama “un meno percepito” a un “più desiderato”, da una sensazione di non essere abbastanza a una convinzione di essere meglio degli altri. Direttamente a questo si ricollega il concetto adleriano di protesta maschile, una reazione di ambedue i sessi ai pregiudizi della nostra società in merito ai concetti di uomo e di donna. Il comportamento di un uomo può rappresentare una protesta contro le aspettative indotte dal mito della superiorità maschile; quello di una donna può essere la protesta contro le limitazioni sociali imposte alle donne. La psicologia individuale di Adler si distingue dalle altre scuole di psicologia in quanto affronta la personalità nel suo quadro unitario; considera l’uomo un individuo un’entità indivisibile, un’unità, nella quale tutti i livelli in cui l’essere umano si può suddividere-animale, umano e spirituale – svolgono un ruolo. Ognuno di questi livelli ha le proprie regole, che sono interdipendenti, e dalle quali derivano molti aspetti del nostro comportamento. Esplorare la nostra psicologia significa considerare tutti e tre gli aspetti, poiché ognuno di essi svolge un ruolo vitale nel determinare che cosa ci rende come siamo.

Reputo che porsi la domanda “perché” su qualcosa che stiamo facendo (perseguimento di un fine), o su qualche aspetto del nostro comportamento, ci conduce soltanto verso il passato che non si può cambiare. Chiedersi invece” A che scopo?” ho fatto o pensato una data cosa, ci porta molto più vicino a noi stessi e ai nostri comportamenti e può fornirci le informazioni di cui abbiamo bisogno per cambiare consapevolmente

Accanto all’incedibile potere di prendere decisioni (nella maggior parte dei casi inconsapevolmente) su che cosa pensare, sentire, dire e fare, metto in risalto un’altra forza addirittura più efficace, che possiamo usare in modo più cosciente: il potere di credere. Generalmente vengono attribuiti a “credere” due significati; il primo religioso, che si riferisce alla fede nell’esistenza di uno o più esseri divini; il secondo nel senso di “supporre”, “presumere”. Ma esiste un terzo significato che si riferisce alle nostre convinzioni più intime, al nostro potere spirituale interiore. Mettiamo in atto questa facoltà puramente umana da mattina a sera, ma molto spesso non ne siamo coscienti. Il secondo punto importante è la spiritualità. Se si chiede alla gente che cosa intende con la parola “spirituale”, si ottiene immancabilmente la stessa risposta:” il contrario di materialistico” oppure “essere liberi dai limiti spazio-temporali”. Ma queste risposte non sono del tutto esatte. Se domandiamo “Che cos’è il contrario di spiritualità?”, otteniamo una risposta più precisa:” l’egocentricità”. La spiritualizzazione non è altro che il passaggio dall’egocentrismo alla spiritualità ed è uno dei compiti più importanti del nostro tempo: in teoria molto semplice, in pratica il più urgente e difficile. Una parola di cautela è necessaria anche sull’idea di spiritualità. È troppo facile vedere questo concetto in modo superficiale –intenderlo come poco più di uno strumento per massimizzare la soddisfazione o come una vernice di attività o di rituali concepiti per calmare i nervi e lenire le ansietà suscitate dalla vita materialistica. La vera spiritualità tocca le radici dell’esistenza umana: essa permea l’azione e incanala gli sforzi personali e collettivi verso il miglioramento della società, coltiva la sete di conoscenza, innalza il lavoro al rango del culto, promuove l’empatia, permette di controllare gli impulsi egoistici, evidenzia l’unità e l’interdipendenza, alimenta la generosità e l’umiltà e favorisce l’apprezzamento della diversità e l’attrazione verso la bellezza.

Preghiera e contemplazione acuiscono la sensibilità ai valori spirituali e contribuiscono alla crescita delle facoltà e abilità spirituali, in particolare l’introspezione e la capacità di comprendere, estremamente importanti per mantenere la fiducia in sé stessi e l’abilità a far fronte alle sfide della vita.

Secondo il pensiero adleriano, nell’uomo la salute mentale e di conseguenza la felicità appare pienamente raggiunta grazie alla convivenza tra due istanze fondamentali: Volontà di potenza e sentimento sociale. Queste due istanze sono in stretto legame e collaborazione e il loro continuo mescolamento e il loro” ballo armonico” permette all’uomo di soddisfare i suoi bisogni primari: l’autoaffermazione e la vita sociale-relazionale. Qualora invece il sentimento sociale sia ben educato, la volontà di potenza direziona la propria energia in modo da creare una compensazione che riesce a porre rimedio al sentimento d’inferiorità, fino a percepirlo come uno stimolo capace d’indirizzare il soggetto verso mete di realizzazione autentica. Volontà di potenza e sentimento sociale, quindi governano uniti la personalità. Nello stile di vita dei singoli individui non possiamo, quindi, tanto leggere la quantità di volontà di potenza e di sentimento sociale, quanto la qualità della loro interazione.

Adler parte dall’idea darwiniana, che suggerisce come nessun animale” debole” possa vivere isolato, per sviluppare il concetto di sentimento sociale. Solo mediante il riunirsi in gruppi ed il collaborare, infatti, l’uomo può sopravvivere e conquistarsi le condizioni di vita favorevoli al suo benessere. Nel 1908 Adler scrive Il bisogno di tenerezza nel bambino, in cui osserva come, sin dalla nascita, il bambino porti con sé un profondo bisogno di affetto che, se coltivato, permetterà lo svilupparsi di buone competenze sociali e relazionali. “Tra i fenomeni psicologici osservabili nei bambini, il bisogno d’affetto si sviluppa in epoche relativamente precoci…un forte bisogno d’affetto nel bambino fa presupporre, a parità di situazioni, l’esistenza di una forte pulsione di vita”. [14]. Tale bisogno innato, ha la stessa forza ed importanza del bisogno di nutrimento, come poi sottolineeranno diversi studi successivi ad Adler. Il bambino inizia a conoscere sensorialmente la madre, già durante la gestazione. La nascita rappresenta il momento di un incontro nuovo, nel quale il bambino necessita che venga appagato il suo bisogno   di i tenerezza. Le attenzioni e l’accettazione materna diventano il terreno fertile, sul quale il bambino potrà costruire la stima di sé. Nella relazione madre-figlio inizia la prima forma di compartecipazione: il bambino impara a sentire e ad interpretare il mondo tramite la madre.

La cooperazione tra bambino e caregiver permetterà al bambino di aprirsi al mondo e pertanto la madre è la prima educatrice al sentimento sociale. Compito della madre, poi, sarà far entrare nella vita del figlio l’Altro mostrando lei stessa interesse per l’Altro: il padre. Adler afferma: “Il compito del padre può essere riassunto in poche parole: egli deve dimostrarsi un buon compagno con la moglie, con i suoi figli e con la società; deve affrontare in modo corretto i tre problemi della vita (l’occupazione, l’amicizia e l’amore); e deve cooperare con la moglie, su un piano di parità, nella cura e nella protezione della famiglia [20].  Il padre deve […] sviluppare nel fanciullo l’interesse per i fratelli, le sorelle e gli estranei [5]. “La paternità ha senso nella prospettiva dell’ampliamento ed esplicitazione del sentimento sociale; la sua missione non è solo familiare, ma comunitaria ed etica, meglio, la paternità è etica. Il padre rompe la diade nata dalla maternità portando il figlio nel mondo, preparandolo a nuove relazioni, rassicurandolo che tale strappo è necessario per scoprire la comunità in cui vive […] contribuire alla crescita di una nuova individualità creativa che, inserita nella società, la renderà orientata all’utile e alla responsabilità..

Il pensiero sociale non è innato, solo con l’educazione può evolvere.

La Fede Bahá'í è una religione monoteistica internazionale nata in Iran nel 1844, i cui membri seguono gli insegnamenti di Bahá'u'lláh (1817-1892), profeta e fondatore che viene da loro considerato una Manifestazione di Dio. La Fede bahai afferma che esiste un solo Dio, comunque Esso venga chiamato, e che tutte le religioni vengono da Dio e rappresenta il modo attraverso il quale Dio ha sempre aiutato l’umanità nella sua crescita. Le varie religioni sono da considerarsi come tanti capitoli di uno stesso libro di insegnamenti che sono stati inviati in luoghi diversi e in tempi diversi per aiutare tutta l’umanità nella sua crescita spirituale e questo continuerà all’infinito, in un percorso evolutivo che ci avvicinerà sempre più a Dio.

La possibilità di proclamare agli altri il proprio credo religioso è un diritto personale difeso dal Patto internazionale sui Diritti civili e politici, ma secondo il rapporto 2008 sulla libertà religiosa nel mondo, la minoranza perseguitata nel mondo con più violenza è quella dei bahaì in Iran. Essi sono anche la più grande minoranza religiosa del paese, con circa 300mila fedeli [2].  

A metà del XIX secolo – uno dei periodi più turbolenti della storia – un giovane mercante annunciò di essere il portatore di un messaggio destinato a trasformare la vita umana. Il Bab, che significa "Porta", era visto come l'annunciatore di un nuovo Messaggero di Dio che avrebbe realizzato la profezia della Bibbia e del Corano. In un periodo in cui il Suo paese, l’Iran, era funestato da una diffusa decadenza morale, il Suo messaggio suscitò eccitazione e speranza in tutte le classi sociali, attraendo rapidamente migliaia di seguaci. Egli assunse il nome “il Báb”, che in arabo significa “la Porta”. La Sua prescrizione di rinnovamento spirituale, che Invocava una riforma spirituale e morale e raccomandava il miglioramento della posizione delle donne e della condizione dei poveri, fu rivoluzionaria. Il Báb annunciò che l’umanità si trovava alle soglie di una nuova era. La Sua missione, che sarebbe durata solo sei anni, era di preparare la strada all’avvento di una Manifestazione di Dio che avrebbe inaugurato l’era di pace e di giustizia promessa da tutte le religioni del mondo: Bahá’u’lláh.  A.L.M. Nicolas, scrittore francese del XIX secolo scrive di Bab: «La Sua vita è uno dei più magnifici esempi di coraggio che l’umanità abbia avuto il privilegio di vedere…». La proclamazione del messaggio del Báb scatenò in Persia un tumulto ancora più grande di quello suscitato dall’avvento di Gesù Cristo in Terra Santa quasi due millenni prima. Dal 1845 al 1847, un’ondata di appassionata ricerca attraversò il paese e intere masse ascoltarono affascinate le testimonianze dei seguaci del Báb. I principi, gli standard e le leggi che essi promossero sfidavano l’intera struttura sociale. Ispirate dal Suo messaggio, migliaia e migliaia di persone abbracciarono i Suoi insegnamenti e furono chiamate bábí. Malgrado la feroce opposizione delle autorità invidiose e spaventate, la profonda devozione dei seguaci del Báb contagiò gli esponenti del clero, i mercanti e le alte sfere della società.

Gli insegnamenti di Bahá’u’lláh, il fondatore della Fede bahá’í, trattano un’enorme quantità di temi. Tra questi principi vi sono: 

1.              l’unità nella diversità dell’intera razza umana

2.              l’abolizione di tutte le forme di pregiudizio

3.              l’unicità di Dio e della Sua Rivelazione;

4.              L’interazione positiva tra l’individuo, la comunità e le istituzioni nel contribuire a far avanzare una società in continuo progresso verso lo stadio della maturità

5.              la libera e indipendente ricerca della verità;

6.              l’armonia tra la scienza e la religione; 

7.              la parità tra l’uomo e la donna,

8.              La diffusione universale dell’Istruzione obbligatoria per entrambi i generi;

9.              l’adozione di una lingua ausiliaria universale

10.           l’abolizione degli estremi della ricchezza e povertà

11.           L’istituzione di un tribunale mondiale

12.           L’assunzione della giustizia come principio fondamentale negli affari umani

I bahá’í non considerano questi principi come semplici espressioni di una vaga aspirazione: li intendono come questioni di cui occuparsi nell’immediato. Essi non sono traguardi da raggiungere attraverso battaglie politiche, ma obbiettivi da conseguire attraverso un processo di crisi e vittorie, al quale partecipano attivamente gli individui, le comunità e le istituzioni. In migliaia di località in tutto il mondo, i bahá’í lavorano per realizzare questi ideali.

È pressoché impossibile sopravvalutare l’importanza dell’educazione per la concezione bahá’í della trasformazione spirituale e sociale. L’importanza dell’educazione nel lavoro di costruzione della comunità è inequivocabile e nel campo dell’azione sociale l’offerta di educazione rimane il contributo che contraddistingue i bahá’í nella maggior parte del mondo. Naturalmente, tra le strutture e le agenzie create dal mondo bahá’í per offrire educazione l’istituto di formazione (vedi più avanti) è la più importante. L’attuale capacità di promuovere lo sviluppo della comunità, rappresentata da centinaia di migliaia di persone in grado di fungere da facilitatori, animatori o insegnanti delle classi dei bambini, è una risorsa di importanza storica.

In molte parti del mondo, la partecipazione delle persone e delle famiglie al processo dell’istituto ha comportato una maggiore consapevolezza dell’importanza dell’educazione in tutte le sue forme. Coloro che fungono da insegnanti nelle classi dei bambini provano un vivo interesse per lo sviluppo educativo generale di coloro ai quali insegnano, mentre gli amici che servono come facilitatori e animatori prestano grande attenzione alla misura in cui coloro che si avvicinano all’età adulta o vi entrano, ragazze e ragazzi, possano accedere a studi di vario genere e trarne beneficio.